Alla vigilia di Napoli-Roma, il Napolista ospita un articolo di Vincenzo Esposito, lo zio di Ciro, il giovane ucciso per mano di Daniele De Santis che gli sparò la sera del 3 maggio, giorno della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina.
Ha ragione Daniele De Rossi, la gran parte dei tifosi della Roma non c’entra nulla con l’agguato terroristico a un autobus di donne e bambini che ha portato alla morte di Ciro Esposito.
Quest’ovvietà non sposta di una virgola il problema, anzi, se è possibile, lo aggrava.
Le curve della Roma sono controllate militarmente da un manipolo di estremisti di destra. Circa 150 abbonati delle curve hanno chiesto di trasferirsi in altra area ma la proposta è stata rifiutata dalla società.
Siamo stati avvicinati da Boris Ambrosone, animatore dei club giallorossi campani, che ci ha proposto di partecipare insieme a una partita all’Olimpico, l’iniziativa si è arenata quando abbiamo chiesto che fosse la società a invitarci. Il ministro dell’Interno ha fatto pressioni sulla società romana per favorire atti di distensione che non sono mai arrivati; l’assessore della municipalità di Fuorigrotta, Enzo Sansone, ha chiesto la disponibilità a partecipare a un’iniziativa promossa dal vice sindaco di Roma sui fatti di Tor di Quinto, siamo ancora in attesa. Potrei continuare a lungo ma penso che basti.
Oramai c’è una filiera omertosa che fa solo del male al calcio e nega, nei fatti, il diritto a essere tifosi: gli ultras di destra controllano le curve, intimoriscono i calciatori, e la società per non avere fastidi fa finta di non sapere. Questa situazione non è più sostenibile.
C’è una via di uscita? Penso di sì. Bisogna partire da chi il calcio lo fa.
L’unico soggetto che può spezzare questa rigida filiera di comando sono i calciatori, essi devono assumersi l’etica della responsabilità, non possono continuare a far finta di vivere nel loro falso mondo dorato fatto di soldi e successo, devono scendere in terra e assumersi le loro responsabilità. Bisogna avere il coraggio di dissociarsi. De Rossi agisca di conseguenza, inviti la squadra tutta a dissociarsi, a condannare gli slogan razzisti, a dire chiaro e tondo che chi non si distingue dalla “carogna”, quella vera, Daniele De Santis, uccide Ciro Esposito ogni giorno. Morgan De Sanctis, fuori dai riflettori, con grande umanità, ha compiuto un atto sincero di cordoglio alla famiglia. Si segua il suo esempio. il grande Totti, che fa tanto, in privato, per promuovere il calcio come educazione alla civiltà, si dissoci; costerà ma insieme costruiremo una nuova pagina del calcio italiano, più civile e più gioiosa per ridare il calcio ai tifosi, per sentirci calcisticamente diversi ma umanamente eguali.
Venite a Scampia vi accoglieremo a braccia aperte e ci augureremo, insieme, che vinca la propria squadra, senza odio e con sano agonismo, perché l’identità territoriale non può essere confusa con il razzismo e la negazione dell’altro.
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