Il Club Tempi Moderni intende proporre il punto di vista di un gruppo di delegati nel dibattito aperto su Democrazia e Rappresentanza nei luoghi di lavoro. Certamente, i problemi del sindacato non riguardano solo le forme della democrazia e della rappresentanza, permangono, infatti, questioni importanti, non risolte, che investono la crisi della solidarietà, la frantumazione del mercato del lavoro, l’acuirsi delle diseguaglianze sociali. Pur tuttavia, la questione della democrazia e della rappresentanza é il punto di partenza essenziale per ridare voce ai lavoratori e forza al sindacato confederale.
È in questa logica che un gruppo di lavoratori, delegati e sindacalisti, uniti dalla comune scelta di dar vita a questo Club, che si colloca nel dibattito sulla fase costituente di una nuova forza politica , intende dare il suo modesto contributo stimolando questo confronto pubblico.
La crisi istituzionale che investe i partiti, e dalla quale scaturisce la loro incapacità a comprendere e guidare i rapidi mutamenti della società civile, è stata preannunciata dalla crisi di rappresentanza del sindacato confederale che, sottovalutando i processi in atto, non ha saputo interpretare e orientare, tempestivamente, le ristrutturazioni industriali e i processi di riorganizzazione sociale.
In questi anni, in Italia, il Sindacato ha giocato un ruolo prevalentemente difensivo pur tentando di mantenere, non sempre riuscendoci, una visione “generale” nella gestione e regolazione del conflitto sociale.
L’irrompere sulla scena del conflitto nella sfera dei servizi pubblici, pone la necessità di rivedere norme rese oramai obsolete dalla “nuova qualità” del conflitto stesso, richiede una riflessione sul rapporto tra diritti collettivi ed individuali di organizzazione dei lavoratori e diritti dei cittadini/lavoratori ad accedere all’insieme dei servizi sociali, veri e propri diritti di cittadinanza spesso negati dal patto corporativo che a volte lega la burocrazia pubblica allo Stato.
Vanno individuate norme che garantiscano il diritto dell’utenza all’accesso ai servizi pubblici, insieme al diritto dei lavoratori tutti all’organizzazione e alla contrattazione anche fuori dai sindacati confederali.
L’allargamento dei diritti di contrattazione nel “pubblico” deve accompagnarsi al superamento dell’anacronistica divisione tra lavoro pubblico e privato.
Nelle aziende si è determinata una sorta di zona franca dei diritti, nel senso che, lo stesso lavoratore mentre come cittadino può disporre di diritti certi ed esigibili, nell’ambito dei luoghi di lavoro spesso si vede negati gli stessi diritti di cittadinanza.
Uno fra tanti, e non ultimo, il diritto ad essere rappresentato secondo regole democratiche, semplici ed esigibili che diano il senso di una democrazia compiuta, voluta e ricercata in prima persona dalle organizzazioni sindacali.
Per affermare ciò è necessario che le confederazioni rinuncino ai privilegi acquisiti come la proporzionalità degli iscritti e non dei votanti previsto dall’articolo 39 della Costituzione e quelli previste dall’articolo19 della Legge 300 sulle Rappresentanze Sindacali Aziendali.
Sarebbe, ancora, più controproducente stabilire nuove regole di rappresentanza che siano solo il risultato di un equilibrio negoziale fra i vari pesi specifici delle tre confederazioni, tenendo poi, infine, in debito conto le esigenze richieste dalla controparte. Tanto stava venendo fuori sulla trattativa avviata con la Confindustria sull’istituzione dei CARS e fortunatamente per i lavoratori il negoziato si è interrotto.
Il sindacato è chiamato a fare scelte coraggiose, occorre rompere schemi ed abitudini consolidati, è necessaria una “glasnost” nei rapporti con i lavoratori.
Sono maturi i tempi di una verifica dei criteri di rappresentanza che passino attraverso un atto legislativo del Parlamento.
Vi è bisogno di una legge di sostegno alla democrazia sindacale che vada oltre lo statuto dei lavoratori. I disegni di legge Giugni e Ghezzi depositati in Parlamento vanno in questa direzione. Noi chiediamo che siano portati in discussione e che ne siano accelerati l’iter e l’approvazione.
A due livelli minimi di contrattazione sindacale, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro e la contrattazione articolata, potrebbero corrispondere almeno due criteri di selezione e regolamentazione della rappresentanza:
- al primo livello potrebbero concorrere tutte le organizzazioni al di sopra di una soglia minima significativa definita nazionalmente;
- al secondo le strutture elette con regole certe sui luoghi di lavoro, individuando norme che garantiscano l’accesso all’elegibilità sia ai candidati espressi dalle organizzazioni firmatarie del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, sia a quelli espressi da gruppi di lavoratori.
Per dirla in sintesi, la Costituzione Repubblicana non può fermarsi fuori dai cancelli delle fabbriche.
La nostra ferma convinzione è che solo ridando voce ai lavoratori, ai loro bisogni, si possano ricostruire le condizioni per il rilancio della democrazia e dell’autonomia sindacale.
Solo a partire da qui si può riprendere una battaglia vincente per i diritti, per un nuovo potere contrattuale, per un nuovo protagonismo del mondo del lavoro.