La manovra correttiva definita dal Ministro Tremonti e già reputata dall’Unione Europea insufficiente a far fronte al deficit dell’Italia costituisce una manovra preoccupante per il Mezzogiorno. Infatti, il governo ha scelto di finanziare la riduzione elettorale delle tasse a discapito di una politica di rilancio degli investimenti e dello sviluppo del Paese. Il “decreto taglia spese” presentato come una semplice razionalizzazione della spesa corrente invece sceglie deliberatamente di non affrontare i problemi strutturali del Pese e in particolare quelli del Mezzogiorno.
Infatti, se si analizzano i dati sui tagli emerge che per le aree sottoutilizzate, il decreto fissa un taglio di 950 milioni per il 2004, di 4,1 per il 2005 e di 4,2 per il 2006. Un ulteriore giro di vite è previsto sulla legge 488 i cui fondi vengono ridotti di 750 milioni per quest'anno e altrettanti il prossimo anno, mentre per il 2006 non sono previsti tagli.
Questa manovra che avrà pesanti ripercussioni sulla capacità di spesa e di investimento delle regioni meridionali va a sommarsi ai danni provocati dal mancato sblocco della ripartizione dei fondi che la Conferenza Stato-Regioni, con consenso unanime, aveva approvato definendo lo schema di deliberazione Cipe con il quale si provvedeva a ripartire tra Amministrazioni centrali e regionali le risorse da assegnare alle aree sottoutilizzate per il ciclo di programmazione 2004—2007. Alle Regioni, su un totale di disponibilità pari a 4,582 miliardi di euro, erano destinati 3,494 miliardi di euro da impegnare in larga misura in Accordi di Programma Quadro che finanziano piani pluriennali di investimento in infrastrutture, interventi nel settore ambientale e iniziative per lo sviluppo locale. La mancata adozione della delibera di riparto ha già determinato forti scompensi nel complesso delle attività di programmazione impostate dalle Regioni sulla base di una tempistica consolidata che, fino al 2003, ha registrato la definitiva assegnazione delle risorse entro il mese di maggio di ciascun anno. Secondo quanto evidenzia Bassolino lo slittamento di questo adempimento rischia di ridurre sensibilmente la capacità di investimento del Mezzogiorno.
I fondi comunitari e il fondo per le aree sottoutilizzate (istituito con la legge 208/98) fanno fronte ad un fabbisogno di rilevanti dimensioni, che comprende praticamente tutti i settori chiave dello sviluppo: i trasporti, la viabilità, la difesa del suolo, il ciclo integrato della acque, i beni culturali, lo sviluppo produttivo, la riqualificazione urbana.
Le risorse per la riduzione elettorale delle tasse sottrae risorse anche sulla programmazione negoziata (cioè sui contratti di programma e i patti territoriali) che viene tagliata di 500 milioni di euro in un’unica tranche nel 2005. Inoltre nel biennio 2005-2006 sono previsti tagli alla cosiddetta Visco Sud per circa 1.000 euro (rispettivamente 300 milioni di euro nel 2005 e 700 milioni di euro nel 2006). Anche per il “bonus occupazione per le aziende del Mezzogiorno” si opera uno svuotamento di 100 milioni per il 2004 slittando la parte più consistente dei tagli nei prossimi due anni: 300 milioni nel 2005 e altrettanti nel 2006. Alleggeriti anche i crediti d'imposta per 84 milioni a partire dal 2005 e di altrettanti per il 2006.
Agli effetti diretti della manovra vanno aggiunti quelli derivanti dal taglio di 500 milioni agli incentivi alle imprese e ad Anas e Ferrovie che secondo il responsabile economico della Cgil, Beniamino Lapadula sarà "un vero e proprio salasso per l’economia, soprattutto quella meridionale condannata ad altri anni di sottosviluppo".
In questo quadro per realizzare la riduzione generalizzata delle imposte il Governo dovrà fare altri tagli ancora più dolorosi alle imprese e alla spesa sociale, o altrimenti sfonderà il tetto del 3%.
Come si vede si continua in una gestione “allegra” della finanza pubblica che invece di essere piegata agli interessi generali, lo sviluppo e la ripresa economica, è finalizzata a meri interessi elettorali, tra l’altro, la riduzione delle imposte prospettata dal governo, come denunciato perfino da Alleanza Nazionale, va ad operare tagli di imposta su redditi che anno un comportamento anelastico rispetto ai consumi. I “ricchi”, al contrario dei ceti medi, non modificano i loro consumi in funzione della variazione del loro che è allocato molto al di sopra della curva nella quale c’è una correlazione tra reddito e consumo.
Il Governo Berlusconi per portare avanti i suoi interessi elettorali allarga ulteriormente il solco non solo con le organizzazioni dei lavoratori ma anche con Confindustria che scende in campo per difendere i sussidi alle imprese. “Se per modifica degli incentivi si intende di rendere più efficiente l'intervento nel Mezzogiorno, – ha dichiarato il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo – molto bene, siamo d'accordo perché per noi il Mezzogiorno, e credo non solo per noi, deve essere la priorità. Se si parla di utilizzare i denari delle imprese per ridurre la spesa pubblica e poi favorire una successiva riduzione della pressione fiscale, questo non sarebbe possibile”.
Perché la ripresa decolli, secondo Montezemolo sono essenziali tre fattori: “La produttività, forti investimenti pubblici e privati su ricerca, innovazione e sviluppo, e – ha sottolineato il presidente della Fiat – soprattutto non penalizzare il Mezzogiorno nè a livello di impresa nè tanto meno a livello di risorse per infrastrutture”.
Le dichiarazioni di Montezzemolo sono il commento politico più efficace a questa manovra economica.