La situazione degli atenei italiani e lo stato della ricerca scientifica nel nostro Paese sono balzati agli onori della cronaca per effetto delle proteste contro la riforma Moratti. La risorsa “sapere” sarà al centro del convegno nazionale del 18 ottobre a Napoli su innovazione e sviluppo, promosso dai Democratici di Sinistra.
Sembra necessario, in questo contesto, cercare di ragionare su come il patrimonio di saperi rappresentato nella nostra regione dal sistema universitario – sette atenei e un bacino di duecentomila studenti – possa costituire il motore dello sviluppo possibile.
Vincenzo Lipardi, su L’Articolo di venerdì scorso, ha posto la necessità di definire un modello di sviluppo per la città e per la Campania, da affiancare alle politiche di sostegno “agli esclusi”, necessarie ma non sufficienti ad attivare circoli virtuosi di crescita. In altre parole le domande da porre al centro della nostra riflessione sono: quale vocazione assegniamo alla Regione? Da quali basi partire e quali politiche mette in campo la sinistra di governo affinché la ricchezza di saperi sia ricondotta a “sistema”? Molto è stato fatto in questi anni di governo regionale. Gli sforzi generosi dell’assessore Luigi Nicolais sono una condizione necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo.
Lo snodo vero per il pieno dispiegarsi di una politica innovativa è rappresentato dalla scelta dell’economia della conoscenza come terreno prioritario verso cui finalizzare e indirizzare la politica di spesa. Il centrosinistra se vuole candidare la Campania a giocare un ruolo di primo piano nei settori innovativi, deve porre al centro della propria discussione programmatica le politiche e gli strumenti per arrivare ad un modello nuovo e competitivo di sviluppo.
Quindi, a partire dall’asse centrale ricerca-innovazione, bisogna capire come si costruiscono politiche industriali conseguenti, si definiscono gli attori, si scelgono gli interlocutori e gli alleati.
Qualche anno fa, a Napoli, insieme a molti altri, con l’associazione Network, proponemmo, coerentemente con questa impostazione, il digitale come chiave di volta per un intervento trasversale su tutti i settori e su tutti i temi posti dall’economia della conoscenza.
In quest’era, che pone al centro del suo operare la cultura e le infrastrutture intellettuali che, in rete, agiscono nei circuiti dell’innovazione, dei saperi, dell’istruzione, della formazione e, quindi, della produzione di nuovi beni, la questione dello sviluppo del Sud e della Campania va ricollocata sia rispetto all’attuale fase di sviluppo del capitalismo nazionale ed internazionale sia rispetto alle dinamiche dei vari sistemi locali e alle loro vocazioni.
Concretamente questo significa implementare le risorse immateriali con quelle materiali, il reale con il virtuale. Per fare un esempio concreto: realizzare una, dieci, cento, mille “disneyland”, a partire da quegli immensi giacimenti a cielo aperto che sono i nostri beni culturali.
Bisogna partire dalla categoria di sviluppo possibile individuando, nel contempo, le forze e le realtà che, nel nostro Mezzogiorno, possono rappresentare gli elementi fondanti, i fattori di moltiplicazione, di “buone azioni” per lo sviluppo locale.
È necessario accellerare un confronto sui sistemi d’eccellenza territoriale, partendo dalla consapevolezza che il nuovo ciclo di sviluppo capitalistico, il capitalismo della conoscenza, ripone al centro del ciclo produttivo materiale e immateriale il lavoro vivo e trasforma gli elementi che, nel passato ciclo industrialista, erano fattori di debolezza in punti di forza.
L’ampia presenza, in Campania, di un sistema universitario qualificato e di giovani ad alta scolarità potrebbe contribuire a sviluppare efficacemente il terziario avanzato. In questo quadro vanno definiti un sistema innovativo di formazione continua e un modello d’accesso, anche attraverso il rilancio e la riqualificazione della “Carta di credito formativa”.
Va avviato, inoltre, un processo che trasformi il territorio regionale in un luogo in cui sorgano e si attrezzino centri di eccellenza in grado di realizzare e supportare iniziative industriali, produttive, di servizio, da offrire ai sistemi locali della regione e sviluppando una azione di stimolo ed attrazione nei confronti del mondo imprenditoriale nazionale ed internazionale.
In questo quadro va rilanciata l’idea che abbiamo avanzato da tempo, del polo tecnologico multimediale di Bagnoli che potrebbe diventare, anche per l’attrattiva dei luoghi, quel centro di riferimento per l’intero Mediterraneo che integri nell’area flegrea centri di ricerca, formazione e imprese, spesso già esistenti, che non riescono a diventare “sistema”, in grado di promuovere sviluppo e lavoro qualificato.
Alfredo Budillon e Vincenzo Esposito