Il ministro del Tesoro ha presentato un Documento di programmazione economica e finanziaria 2005-2008 ricco di buone intenzioni.
Nel documento si dichiara di voler ridurre il deficit passando dal 2,9 del 2004 al 2,7 del Pil, con un aggiustamento di 24 miliardi di euro rispetto all’andamento tendenziale 2005, stimato al 4,4% del Pil.
L’analisi congiunturale contenuta nel Dpef, delinea un quadro macroeconomico prudente ed in linea con le previsioni dei più qualificati istituti di ricerca, in controtendenza con la pratica delle finanziarie degli ultimi anni caratterizzata da un ottimismo infondato da parte del Governo.Dai dati presentati si evince un comportamento dell’Italia, sensibilmente al di sotto dei già sostenuti tassi di sviluppo europei, al limite della stagnazione.
Per l’anno 2004 il Dpef, prevede una crescita dell’1.2% del prodotto interno lordo, rispetto al 2% stimato nel documento di programmazione dell’anno scorso, mentre per il 2005 la crescita è stata stimata all’1,9%.
La previsione non tiene conto dell’andamento del prezzo del petrolio, il cui aumento avrà ricadute sul processo di sviluppo e sull’inflazione, in assenza di una seria politica del Governo sui prezzi e sulle tariffe dei servizi pubblici essenziali (affitti, assicurazioni obbligatorie, acqua, luce, gas, trasporti ecc.) che continuano ad aumentare.
Secondo i dati Istat nel mese di luglio di quest’anno la benzina ha registrato un aumento del 10.3% rispetto al luglio dello scorso anno.
Siamo, quindi, in presenza di un dato previsionale, centrale nella costruzione del Dpef, che, pur nel suo realismo, offre una visione ottimistica della situazione economica, salvo dover rivedere le stime al ribasso, in conseguenza dell’impennata del prezzo del petrolio, e dell’andamento dell’economia mondiale, a partire da quella americana.
Il Governo dichiara che presenterà un provvedimento per lo sviluppo integrato alla legge finanziaria che conterrà interventi per il rilancio della competitività e misure per la tutela del potere d’acquisto. Nel Dpef, si dichiara che i trasferimenti a Regioni, Province ed altre istituzioni locali verranno aumentate nel 2005 del 2%, rispetto ai bilancio del 2004.
Nel 2005, secondo il Dpef, al Mezzogiorno saranno destinate risorse per 22 miliardi di euro, contro una media di 17 miliardi del periodo 1997-2001.
La crescita, inoltre, è sostanzialmente sostenuta dalla domanda interna, poiché le esportazioni, pur avendo registrato un recupero, rimarrebbero comunque negative (-2%) a seguito della crescita delle importazioni.
Un dato preoccupante, che conferma la perdita di competitività del nostro sistema industriale, rispetto alla quale il Dpef non offre una realistica strategia ma risposte deboli e insufficienti, anche in relazione all’andamento effettivo della domanda interna che registra una generale contrazione dei consumi.
Il dato dell’inflazione programmata, fissata nella misura dell’1,6% per il 2005, è sottostimato e irrealistico, con la conseguenza che il tasso di inflazione programmata non costituirà più alcun parametro del quale tenere conto in sede di rinnovi contrattuali, a partire da quelli del pubblico impiego.
Le agevolazioni fiscali per il Mezzogiorno si sono ridotte per effetto degli interventi contenuti nei provvedimenti che si sono succeduti, dal pacchetto dei 100 giorni fino ad arrivare alla recente manovra correttiva 2004 con la quale sono state ridotte di 1 miliardo e 750.
Ad una analisi realistica dello stato del mezzogiorno e ad auspici condivisibili non corrispondono misure concrete.
Nel Dpef non vengono indicati gli interventi che saranno inseriti nella prossima manovra finanziaria. Si può realisticamente ipotizzare che si proseguirà sulla strada della penalizzazione del Mezzogiorno perché le risorse disponibili per lo sviluppo sono inadeguate per procedere ad un riequilibrio delle aree e delle Regioni svantaggiate del Mezzogiorno rispetto alla media del Paese.
Questa finanziaria, è coerente con la politica economica portata avanti dal Governo Berlusconi, non aggredisce le ragioni vere del declino del Pese, non individua scelte secche e coraggiose, così come chiesto da Confindustria e sindacati, atte a realizzare una strategia di sviluppo del Paese finalizzata ad accrescere la competitività del sistema Italia.
Restano da valutare le ricadute dei due collegati “competitività” e “fisco” sulla eventuale possibilita di crescita degli investimenti e dell'occupazione al sud.
In pratica la finanziaria non solo non produce una politica di sostegno degli investimenti ma li taglia in valore e qualità.
Il Dpef annuncia un drastico taglio delle spese e un preannuncia un sensibile aumento delle tasse – anche attraverso l’aumento delle imposte locali – che avrà un ulteriore impatto recessivo sull’economia nazionale.
Intesa consumatori ha calcolato che la manovra finanziaria comporterà un aumento delle spese, 50 euro per la tassa rifiuti, 150 per l’assicurazione della casa anticalamità, 40 per l’Ici, 30 per i valori bollati sui, 25 euro di tariffe idriche e 25 euro di aumenti dei giochi e delle lotterie, per un totale di 320 euro.
In base ai calcoli dell'Intesa, i «sei miliardi di euro di sgravi fiscali promessi a rate, saranno infatti pagati pronta cassa tra Ici, Tarsu, assicurazione casa, tariffe idriche e spese per la salute per un totale di 6,8 miliardi».
Mancano i fondi per ricerca, innovazione e modernizzazione, eccetto i contributi alla banda larga (un lapsus freudiano).
Per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica nel 2005 saranno previste limitazioni ai pagamenti relativi ai fondi per lo sviluppo delle aree depresse (che dovranno fermarsi a quota 6.500 milioni), oltre che alle risorse del ministero delle Infrastrutture (il tetto sarà a 450 milioni) per la progettazione e realizzazione delle grandi opere.
Le spese delle Regioni non potranno essere superiori al corrispondente ammontare di spese dell'anno 2003 incrementato del 4,8%. Per i successivi due anni si applica il tetto di aumento del 2%. La contropartita offerta dal governo agli Enti locali è la mano libera sulle tasse locali. Viene infatti rimosso il blocco delle addizionali Irpef e le Regioni potranno ricorrere al fisco se sfonderanno il budget previsto.
Per rispettare il tetto di spesa del 2% la Finanziaria introduce una stretta al Fondo areee sottoutilizzate. Il provvedimento fissa a 6.550 milioni il tetto per i pagamenti relativi agli interventi per le aree depresse. Di questi fanno parte anche 1.850 milioni che riguardano gli incentivi alle imprese e le opere infrastrutturali.
Gli investimenti in opere pubbliche sono devoluti principalmente in attività di progettazione e non ad opere immediatamente cantierabili.
In pratica non vi è una svolta, il Sud continua a non essere considerato una opportunità per arrestare il declino del Paese. Si resta alle buone intenzioni e si continua con le cattive pratiche.