La televisione commerciale ha comportato un salto di qualità nel rapporto tra il cittadino e l’informazione, essa stravolge le regole codificate e note che, invece, caratterizzano l’informazione giornalistica trasmessa dalla carta stampata consentendone una sua fruizione critica.
Comunicare significa mettere in relazione. Il mezzo che si usa modifica sostanzialmente non solo la tecnica di comunicazione ma anche la qualità della comunicazione stessa.
La tecnica più semplice per entrare in relazione è il dialogo.
La comunicazione orale è una tecnica bilaterale e dinamica: bilaterale perché i soggetti coinvolti nel dialogo sono contemporaneamente sia fruitori che produttori di informazioni; dinamica perché le informazioni, i dati, la conoscenza si modificano in progress mano a mano che il dialogo si sviluppa.
Una caratteristica tipica del dialogo è la casualità: ci si incontra per caso o per appuntamento ma il legame che si instaura tra le informazioni trasmesse e le persone è un legame debole, i contenuti del dialogo non possono mai essere strutturati a priori; i valori, la riflessione critica prevalgono sempre rispetto ai dati e alle notizie che si trasmettono, inoltre il dialogo è una comunicazione aleatoria, non rimane traccia delle parole, e chiusa, il gruppo dialogante è chiuso, il dialogo circola al suo interno. Nel dialogo il confronto tra contenuti e valori è l’elemento prevalente, la trasmissione di dati l’elemento casuale, spesso il pretesto per il confronto. Il dialogo per la sua caratteristica intrinseca non è una comunicazione di massa perché manca del requisito della conservabilità: verbo volant scripta manent.
La prima forma di comunicazione di massa è la stampa.
La comunicazione scritta è oggettivata nella sua forma, un libro, un giornale, una rivista sono il veicolo di una informazione non aleatoria, strutturata e fissata tramite una tecnica che consente una circolazione aperta.
Gli oggetti stampati si differenziano rigidamente in relazione al contenuto. La carta stampata consente di trasmettere contenuti, informazioni, ragionamenti, valori.
Tutti i manufatti cartacei sono accumunati dal loro essere uno strumento di comunicazione statico ed unilaterale: statico perché l’informazione è sempre strutturata a priori, oggettivata; unilaterale perché non interagisce, i soggetti coinvolti operano su piani temporali diversi, il produttore non interagisce mai con le riflessioni prodotte dal suo sapere sul fruitore, essi agiscono su dimensioni di spazio e tempo differenti, il dialogo, la comunicazione, quindi, non è modificabile a posteriori o durante il suo divenire; i soggetti coinvolti non entrano mai in relazioni dinamiche.
Una caratteristica importante della stampa è la possibilità che essa offre al fruitore di modulare l’uso, l’accesso e la riflessione sull’informazione in relazione ai propri tempi.
Possiamo dire che nella fruizione delle informazioni stampate la riflessione e la critica sono sempre posteriori alla conoscenza dell’evento trasmesso. E questa caratteristica è propria del mezzo: prima leggo, dopo rifletto.
Nella comunicazione a mezzo stampa vi è sempre una sequenza temporale rigida: c’è sempre un prima, l’assimilazione, e un dopo, la riflessione. Il soggetto ricevente decide i temi e la loro durata.
Ad una informazione, ad una pagina, ad una notizia, corrispondono sempre una molteplicità di modalità di accesso e di consumo definiti dalle caratteristiche intrinseche, grado di istruzione, cultura, capacità critiche, dei singoli ricevitori. Chi riceve l’informazione controlla l’informazione, è in grado di confrontarla, metterla in relazione dinamica, verificarla.
La comunicazione scritta si è strutturata in relazione alla forma che assume differenziandosi in modo rigido e costruendo una relazione esplicita tra contenuto e contenitore. Lo stesso evento comunicato come notizia su un quotidiano, articolo su un newspaper, saggio edito come libro, assumerà un contenuto critico, un approfondimento, una analisi da varie angolature a secondo del media utilizzato di volta in volta.
Quindi possiamo affermare che la nostra capacità di ricezione critica viene premodulata anche in relazione al mezzo utilizzato.
Il mezzo scritto per la sua essenza intrinseca è costretto a definire e dichiarare una gerarchia, separare i fatti dalle opinioni, le opinioni dalla pubblicità ed infine per le sue caratteristiche materiali consente di ritornare indietro, rileggere, riflettere, confrontare.
Se acquisto un giornale di destra ed uno di sinistra posso compararli, cogliere le influenze, le differenze, le falsificazione e le rimozioni. La lettura comparata consente di verificare forma e contenuti dell’informazione.
La verifica critica è un effetto indotto del rapporto che si determina tra mezzo e fruitore, la si può condurre con estrema facilità. Il mezzo scritto non assopisce le capacità critiche. Chi offre le informazioni non è in grado in nessun modo di predefinire l’uso e la gestione delle informazioni che produce. L’utente decide il luogo, l’ambiente, l’orario e la durata del rapporto che instaura con il mezzo nonché la possibile messa in relazione del mezzo con altri mezzi per verificare la veridicità.
I molteplici mezzi di comunicazioni che utilizzano la stampa rimangono distinti nel loro rapporto con il loro utilizzatore, Il lettore è il regista dell’evento lettura: predetermina cosa e come leggere sceglie di leggere il giornale oppure il libro, approfondire quella notizia, in pratica egli definisce i percorsi di lettura.
In sintesi si può affermare che la parola scritta consente al lettore di dividere nel tempo e nello spazio l’informazione dalla riflessione dandogli la possibilità di gestire i tempi ed i modi di ambedue.
La televisione commerciale stravolge il rapporto tra produttore e fruitore: il produttore determina modi e tempi della informazione: il produttore dell’informazione si appropria dei tempi e definisce le modalità di accesso.
Il lettore della televisione non può costruire dei personali percorsi di lettura.
La specificità del mezzo rende più difficoltoso se non impossibile dividere i generi, definire gerarchie, impostare filtri, l’informazione viene collocato in un circuito di intrattenimento rigido, non si può tornare indietro.
Il giornale consente di riflettere, analizzare meglio, essere lenti. La televisione è veloce, le sue informazioni hanno una gerarchia predefinita, non sono ammessi salti , la sequenzialità è immutabile. Il telegiornale offre due possibilità: prendere o lasciare.
Il quotidiano invece permette di saltare, selezionare, ritornare, offrendo una molteplicità di possibilità di lettura.
La parola scritta è fissata, è silenzio.
La parola televisiva è urlata, produce rumore, impone i propri tempi al lettore lo obbliga a far coincidere i tempi dell’informazione e quelli della riflessione.
La televisione è dinamica, la sua caratteristica immediata è la velocità.
La televisione, attraverso la comunicazione visiva definisce gerarchie pesanti, porta in casa le voci e le immagini della realtà, spesso produce la realtà.
La televisione camuffa le sue modalità d’uso, usa un linguaggio per sua natura ambiguo non consente di fissare le parole, rende contorta la destrutturazione e la riorganizzazione delle notizie, attiva simultaneamente il senso della vista e l’udito, invia segnali molteplici al cervello.
Il media televisivo tende ad enfatizzare le emozioni a discapito della riflessione.
I rumori e le voci della guerra proposti dal telegiornale influenzano in misura maggiore di qualsiasi articolo di quotidiano l’opinione pubblica.
La lettura del giornale, in genere, è un atto di tipo individuale che successivamente può produrre una riflessione collettiva a differenza del mezzo televisivo che è pubblico per natura perché viene fruito con modalità che coinvolgono necessariamente le persone presenti nell’ambiente.
L’elemento che fa della televisione un media particolare è però un altro: la miscellanea di generi, spettacoli, pubblicità, notizie che vengono proposti in sequenza casuale tra di loro.
Spesso diventa difficile, se non addirittura impossibile, dividere la fiction dalla realtà, gli spot dai flash del telegiornale.
La televisione in realtà sposta la capacità critica rovesciando il rapporto tra riflessione e informazione; prima di vedere il telegiornale o la rubrica di informazione devo attivare le mie capacità critiche, contemporaneamente allo scorrere delle notizie dovrei riuscire a verificarle.
La televisione irrigidisce il legame ideologico con le interpretazioni possibili della realtà. Il mezzo televisivo impedisce le letture comparate a meno di non utilizzare due televisori ed un videoregistratore.
La televisione ci costringe a priori a rafforzare l’appartenenza: debbo vedere un solo telegiornale ovvero vedo quello più affine al mio pensiero. Il baricentro del rapporto tra informazione e valori si sposta verso i valori. Il media televisivo rafforzando le affinità assopisce le capacità critiche ed ostacola, negando l’approfondimento, la formazione delle opinioni.
La possibilità di ritornare sulla notizia sedimenta una maggiore autonomia del lettore.
Si può affermare che la televisione porta il mondo in casa ma ci nasconde la molteplicità di aspetti che il mondo possiede.
Il telegiornale possiede una maggiore capacità di immediatezza, offre una forte capacità di impatto visivo che però va a discapito della definizione.
La televisione offre una realtà più appariscente ma più semplice, meno definita.
In sintesi la televisione favorisce la percezione a discapito della riflessione.
L’affinamento delle proprie capacità critiche di interpretazione della realtà passano da un mutato rapporto, un vero e proprio riequilibrio tra i due principali media. Un lettore abituale di giornali non riceverà nocumento dall’uso oculato del mezzo televisivo.
Un lettore forte di telegiornali avrà, paradossalmente, una visione statica della realtà avrà aumentato notevolmente il numero delle cose visto e drasticamente diminuito il numero di quelle che conosce.